La corteccia retrospleniale congiunge spazi interni ed esterni

 

 

LORENZO L. BORGIA & GIOVANNI ROSSI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIII – 11 luglio 2015.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La specializzazione funzionale di singole aree e le grandi sintesi derivate dall’interazione multipla, parallela e sincronica delle attività locali nei cosiddetti sistemi neuronici globali, costituiscono una dicotomia ancora viva nell’approccio neuroscientifico allo studio delle basi cerebrali dell’esperienza psichica. A lungo è esistita una netta linea di demarcazione fra studio neurofisiologico del cervello, limitato alla sfera senso-motoria, ai rilievi derivanti dalle lesioni focali e alla registrazione dell’attività elettrica corticale, e lo studio psicologico e psicopatologico della mente, che, in base ad osservazioni ed elaborazioni induttivo-deduttive, riportava le forme accessibili ed oggettivabili dei processi psichici e del comportamento umano a concetti e concezioni astratte dalla fisiologia cerebrale, quali Io, sé, personalità, inconscio, conflitto, sintomo a struttura simbolica, e così via. I progressi delle neuroscienze stanno riducendo sempre più la distanza fra neurobiologia e psicologia; tuttavia, l’approccio neuroscientifico al mentale rimane ancora in gran parte condizionato dalla tendenza alla scomposizione in parti – quali aree, circuiti e sistemi neuronici – alle quali si attribuisce, con la formula prudenziale di “correlato neurofunzionale”, il ruolo di base biologica di una parte del mentale, ritagliata dal contesto nella forma del compito sperimentale o grazie ad altri stratagemmi. Non è escluso che il procedere in questa direzione possa portare il risultato sperato di comprendere le basi cerebrali di ciò che chiamiamo “mente”, ma perché ciò accada si dovranno superare alcuni importanti ostacoli. Fra questi, vi è la polivalenza di molte popolazioni neuroniche cerebrali, implicate in più ruoli, che, secondo la logica del senso comune e della psicologia, sono spesso fra loro distanti ed eterogenei. Probabilmente, come sostenuto dalla nostra scuola neuroscientifica, sarà proprio la comprensione del senso che ha per il cervello tale scelta fisiologica a costituire il filo di Arianna per orientarsi nel labirinto che l’evoluzione ha edificato nell’organizzazione funzionale del nostro encefalo[1].

Nelle metafore esplicative, un po’ come nella divulgazione scientifica, rimane viva la tendenza a paragonare un correlato neurofunzionale ad uno strumento o un dispositivo tecnologico del quale ci serviamo. Magari il paragone è efficace, come quando il complesso delle cellule di luogo con i sistemi della corteccia entorinale, superando il vecchio accostamento alla bussola, è stato paragonato ad un dispositivo GPS. L’indicatore satellitare della posizione rende perfettamente l’idea di sistemi neuronici che assistono automaticamente nell’orientamento durante la percorrenza o l’esplorazione di uno spazio, ma come le altre analogie di questo genere ha insita l’insidia cognitiva dell’immaginaria separazione del blocco funzionale dal resto del cervello, come se si trattasse di un oggetto che usiamo: usato da noi, usato da un cervello. In passato, in fisiologia, si indicava come “rischio dell’homunculus” il pericolo costituito dall’abitudine mentale a considerare come strette analogie le metafore di macchine riferite a parti funzionali dell’encefalo. In altre parole, se questo dispositivo neuronico è un GPS, deve esistere qualcuno che usa questo GPS all’interno del cervello: un piccolo soggetto, un omino o, come si dice in filosofia, un homunculus. È proprio questa l’insidia: dimenticare che stiamo scomponendo e analizzando il cervello stesso che ha creato ed usa il GPS, come il computer e qualsiasi altro dispositivo o strumento esterno, e che quella parte del cervello che paragoniamo ad uno strumento, in realtà contribuisce con le altre ai numerosi aspetti funzionali dell’essere collegati con l’intenzionalità, l’individualità e l’identità[2].

In base a tale consapevolezza non sorprende, ma è motivo di grande interesse, la definizione di ruoli della corteccia retrospleniale - una regione situata dietro lo splenio del corpo calloso e perciò ben distinta dalla corteccia entorinale - di coordinazione di varie forme di rappresentazione spaziale individuale ed ambientale in funzione del comportamento intelligente dell’animale. Andrew Alexander e Douglas Nitz dell’Università della California a San Diego hanno rilevato e dimostrato che estesi insiemi di cellule nervose di questa regione corticale codificano in modo congiunto la posizione nell’ambiente, la progressione lungo rotte direzionali e le azioni di un animale. Il ruolo di questo sistema neuronico corticale sembra essere quello di realizzare specifiche integrazioni e sintesi di tutte queste informazioni in funzione di decisioni e scelte ottimizzate secondo esigenze posturali, psicomotorie e cognitive del momento (Alexander A. S. & Nitz D. A., et al., Retrosplenial cortex maps the conjunction of internal and external spaces. Nature Neuroscience – Epub ahead of print doi:10.1038/nn.4058, 2015).

La provenienza degli autori dello studio è la seguente: Department of Cognitive Science, University of California, San Diego, San Diego, California (USA).

A lungo, la rappresentazione dello spazio nel cervello, con particolare riferimento all’estensione spaziale degli oggetti, del proprio corpo e dell’ambiente circostante, è stata considerata soprattutto sulla base dei riferimenti anatomo-clinici derivati dalla neurologia. Ad esempio, è noto che danni della corteccia parietale superiore possono portare a sintomi quali l’incapacità di riconoscere gli oggetti al tatto (astereognosia), difficoltà nell’assimilazione della percezione spaziale del corpo (amorfosintesi), negligenza sensoriale dell’emisoma del lato opposto alla lesione (asomatognosia o emisomatoagnosia), dalla quale possono derivare varie sindromi, fra cui l’aprassia dell’abbigliamento. Disturbi percettivi più complessi seguono il danno della corteccia parietale inferiore, che includa le aree 39 e 40 della mappa corticale di Brodmann. In particolare, si possono avere sindromi afasiche del versante recettivo per l’interessamento dei territori parietali dell’area di Wernicke dell’emisfero dominante, e discalculia se l’emisfero è quello non dominante (in genere il destro), mentre la negligenza si estende allo spazio esterno, includendo l’apprezzamento visivo del mondo circostante (negligenza spaziale unilaterale o emineglect), con manifestazioni come radersi la barba da un solo lato, mangiare solo metà del piatto se non lo si gira, considerare solo metà quadrante di un orologio con difficoltà a leggere l’ora, e così via.

A queste nozioni, provenienti dallo studio clinico di lesioni del lobo parietale umano, la neurobiologia ha progressivamente affiancato la conoscenza del ruolo specializzato di popolazioni neuroniche che mappano l’ambiente circostante, rilevano la posizione del’animale nello spazio, istante per istante, guidando l’orientamento, gli automatismi motori negli ambienti noti e l’esplorazione degli spazi nuovi.

Nel 2014 John O’Keefe e i coniugi Edvard e May-Britt Moser hanno ricevuto il Premio Nobel per la Fisiologia o la Medicina per aver scoperto, rispettivamente, le place cells (cellule di luogo) dell’ippocampo e le grid cells (cellule a grata o griglia) della corteccia entorinale. L’identificazione di vari sistemi cellulari (place cells, grid cells, border cells, head direction cells, ecc.) che nel loro insieme costituiscono un dispositivo dinamico di conoscenza, riconoscimento, regolazione ed orientamento nello spazio, utile sia per il compimento di spostamenti e percorsi ottimizzati per i fini cognitivi e gli interessi adattativi dell’animale, sia per l’esplorazione e la formazione di nuove mappe del territorio e memorie di navigazione, ha rappresentato una tappa fondamentale per la comprensione del rapporto di un individuo (animale o umano) con l’ambiente fisico che lo circonda. Di seguito si riportano alcuni cenni introduttivi tratti da una precedente recensione.

«John O’Keefe e John Dostrovsky pubblicarono nel 1971 la scoperta, nell’ippocampo di ratto, di una mappa cognitiva dell’ambiente circostante l’animale[3]. La familiarità di un animale con un particolare ambiente risultava rappresentata nell’ippocampo dal pattern di accensione di particolari popolazioni di cellule piramidali presenti nelle regioni CA3 e CA1, alle quali si diede il nome di place cells. Una tale cellula di luogo si attiva quando un animale entra, in uno specifico ambiente, in una determinata area alla quale si è dato il nome di campo di luogo (place field). Quando un animale entra in un nuovo spazio-ambiente, entro pochi minuti si formano nuovi campi di luogo che rimangono stabili per periodi che vanno da settimane a mesi. In tal modo, si generano dei correlati funzionali della posizione dell’animale nello spazio. Se si registra l’attività elettrica di un gran numero di cellule di luogo, è possibile comprendere dalla lettura del profilo di attivazione in quale luogo fosse l’animale al momento della rilevazione. La corrispondenza fra cellule e luoghi, memorizzata e riattivata, funziona come una mappa interna, ma è anche un codice individuale dello spazio circostante, al quale possono essere associate varie altre memorie.

L’individuazione delle cellule di luogo da parte di O’Keefe e Dostrovsky fornì la prima evidenza di una rappresentazione neurale dell’ambiente che consente ad un animale di sfruttare gli automatismi di movimento per spostarsi in modo appropriato ed efficiente secondo memorie cognitive dello spazio[4]. L’esistenza di una mappa cognitiva dello spazio nel cervello era stata ipotizzata da vari studiosi dei processi cognitivi, il più noto dei quali è senz’altro Edward Tolman. Un aspetto concettualmente rilevante, per la comprensione della logica neurale di queste mappe dell’ambiente nell’ippocampo, è la differenza con la rappresentazione somatotopica del corpo nell’organizzazione dei sistemi sensoriali e motori, bene espressa dai due cosiddetti omuncoli di moto e di senso che riproducono nella corteccia cerebrale i territori periferici di tutto il corpo. Questo genere di rappresentazione ha il suo fulcro nell’individuo, ed è perciò detta egocentrica, al contrario, la mappa ippocampale dell’ambiente circostante individuata dalle place cells può considerarsi allocentrica o geocentrica, in quanto stabilita rispetto a un punto del mondo esterno.

Nel 2005 Edvard e May Britt-Moser, con i loro colleghi norvegesi, scoprirono che i neuroni della corteccia entorinale mediale, i cui assoni formano la via perforante all’ippocampo, mappano lo spazio in un modo radicalmente diverso da quello delle cellule di luogo. Invece di attivarsi quando un animale è in una specifica localizzazione, come le cellule di luogo dell’ippocampo, le cellule della corteccia entorinale, cui si è dato il nome di grid cells, si attivano ogni qualvolta l’animale è in una di varie posizioni regolarmente disposte nello spazio a formare una griglia a maglie triangolari. Questa griglia consente all’animale di assumere una posizione in uno spazio esterno definito da un sistema di coordinate similcartesiane, del tutto indipendente dal contesto, da elementi caratterizzanti il territorio o da contrassegni di qualsiasi genere»[5].

Torniamo al lavoro di Andrew Alexander e Douglas Nitz dell’Università di San Diego. I due ricercatori hanno preso le mosse dalla considerazione che il comportamento intelligente non solo richiede varie forme di rappresentazione dello spazio, ma anche un’efficiente coordinazione fra le regioni cerebrali che mediano queste rappresentazioni. L’analisi morfofunzionale ha fatto cadere la scelta, come struttura candidata allo svolgimento di questo ruolo di raccordo e sintesi, sulla parte di manto corticale che ha sede dorsalmente allo splenio del corpo calloso che congiunge i due emisferi.

La corteccia retrospleniale è densamente interconnessa con la maggior parte delle strutture cerebrali corticali e sottocorticali che registrano la posizione di un animale in numerosi quadri spaziali interni ed esterni di riferimento. Tale caratterizzazione anatomica suggerisce una funzione di integrazione di forme distinte di informazione spaziale e di sede nella quale si verificano le trasformazioni reciproche delle informazioni provenienti dai sistemi specializzati per ciascun tipo di elaborazione.

Evidenze per questa interpretazione sono state trovate in ratti che attraversavano la traccia di due differenti percorsi situati in localizzazioni ambientali differenti. I raggruppamenti funzionali di neuroni retrospleniali con un’intensa attività codificavano la congiunzione del procedere lungo la rotta del percorso in atto, della posizione rispetto all’ambiente più vasto in cui il percorso era inserito e del comportamento di scelta di girare a destra o a sinistra.

Su questa base si può concludere che la corteccia retrospleniale possiede le qualità fisiologiche per fungere da struttura di intermediazione fra le regioni che generano forme di mappe dello spazio secondo differenti criteri. Tale interpretazione è coerente con i disturbi della memoria episodica e della memoria spaziale, in rapporto a percorsi da compiere e strade da seguire per giungere in un luogo, osservati in clinica neurologica in seguito a danno più spesso cerebrovascolare di questa area corticale.

 

Gli autori della nota ringraziano la dottoressa Isabella Floriani invitano alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Lorenzo L. Borgia & Giovanni Rossi

BM&L-11 luglio 2015

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Cfr. Perrella G., Elaborazione cosciente e quadri cognitivi. BM&L-Italia, Firenze 2005.

[2] Cfr. Perrella G., Elaborazione cosciente e quadri cognitivi. BM&L-Italia, Firenze 2005.

[3] Brain Res 34: 171-175, 1971.

[4] G. Perrella, La scoperta delle grid cells e le mappe cognitive delle place cells, p. 2, BM&L-Italia, Firenze 2005.

[5] Note e Notizie 03-05-14 Come le cellule di orientamento entorinali sono regolate da interneuroni PV.